Il racconto di una madre che da anni vive il “calvario” della malattia del figlio.
Una storia fra sofferenza e speranza per tante altre madri come lei
di Anna Studiale
Dominique Mazzola oggi è una donna di quarantadue anni che vive a Castelbuono (Palermo), forse una donna come tante altre ma forse non solo; lei è anche una madre che da quattro anni vive a fianco del figlio Davide, un bimbo di sei anni, il doloroso “calvario”, come lei stessa l’ha definito, della malattia del suo piccolo.
La sua è una storia paragonabile a quella di tante altre madri che, proprio come lei, combattono nelle corsie degli ospedali accanto ai loro piccoli contro un male oscuro, la leucemia, che nessuna parola umana riuscirà mai ad aggettivizzare soprattutto quando ad essere colpito è un bimbo di appena due anni. A Davide toccò questa sorte giusto quattro anni fa e tutto ebbe inizio con una febbre leggera ma persistente che, se da un lato non ha destato particolare preoccupazione al suo pediatra, (per i bambini è normale contrarre piccole infezioni in età infantile ed essere febbricitanti), dall’altro fece subito allarmare Dominique: “Dopo i primi dieci giorni di febbre portai mio figlio dal pediatra ma non gli trovò nulla che ci potesse allarmare e mi diagnosticò una probabile mononucleosi, infezione che è facile contrarre in età infantile. Nonostante, però, passassero dei giorni, le condizioni di mio figlio non miglioravano, la febbre non cessava al che fui io stessa a chiedere al pediatra di poter fare le analisi del sangue, dentro di me sentivo che qualcosa non andava a mio figlio seppure lo stesso medico cercasse di tranquillizzarmi”.
Ricorda così Dominique e il suo sesto senso di madre in quell’occasione non si smentì: a Davide fu subito diagnosticata la leucemia e fu ricoverato d’urgenza a Palermo, nel reparto di Oncoematologia Pediatrica dell’ospedale “Civico”. Da qui cambiò la vita del piccolo, di sua madre e di tutta la sua famiglia, una odissea che ha subito preso il nome di pesanti “percorsi” chemioterapici, diversi cicli tramite i quali i medici speravano che la malattia regredisse permettendo al piccolo Davide di uscirne fuori riacquistando la sua salute.
Nei fatti le cose non andarono come si sperava e dopo un anno e mezzo, “quando mio figlio aveva già smesso di prendere i farmaci il male si è ripresentato ed in una forma sempre di più aggressiva per cui fu reso indispensabile il ricorso al trapianto di midollo osseo”, specifica Dominique. E qui che inizia la fase forse più difficile per il piccolo Davide ed i suoi familiari che, risultati incompatibili per la donazione del midollo osseo, hanno reso indispensabile per il bambino il ricorso ad un donatore estraneo tramite la banca internazionale di donatori con la speranza di trovarne uno compatibile che non tardò ad arrivare. «Abbiamo scelto il centro “Maria Letizia Verga” di Monza, una realtà ospedaliera per lo studio e la cura delle leucemie del bambino che fa capo all’ospedale “San Gerardo” della stessa città perchè si tratta di uno dei centri più all’avanguardia e fu proprio lì che Davide il 19 dicembre del 2017 fu sottoposto al trapianto ricevendo il midollo osseo di una giovane donatrice tedesca della quale noi, per via della privacy, non conosciamo il nome; per me questa data rappresenta la seconda nascita di mio figlio e mi dispiace non sapere la sua effettiva identità anche se so che per la nostra legislazione è impossibile”, afferma ancora Dominique ma il ritorno di Davide a casa fu rinviato ancora per parecchio tempo per via delle cure pesanti alle quali il piccolo fu sottoposto, ai continui monitoraggi del sangue e della sua condizione di salute complessiva molto fragile per via delle pesanti cure alle quali fu sottoposto.
Un viaggio nel dolore e nella malattia quello che Dominique ed il suo piccolo hanno portato avanti mettendo in risalto la loro grande forza e voglia di sconfiggerlo ma nei fatti Davide non è mai stato un bimbo come tutti gli altri, non ha mai condotto la vita come i suoi coetanei. La leucemia è stata la sua condizione di vita che lo ha portato a vivere come normalità all’interno delle mura di un ospedale a fianco di persone col camice bianco e le siringhe in mano che, pian piano, ha cominciato a considerare come la sua vera famiglia con la quale condividere le sue giornate spesso costretto a stare fermo su un letto di sofferenza e di dolore. Ma ciò che più colpisce dal racconto della sua mamma è il suo sorriso e la grande forza di vivere che oggi ne fanno un piccolo ma grande guerriero che, proprio nei suoi momenti più critici e bui, ha saputo dare la forza a sua madre per lottare contro il suo brutto male. “I bambini piccoli non hanno la percezione della malattia e vivono il dolore in maniera diversa rispetto ad un adulto, questo ha dato sicuramente anche a mio figlio la forza per sopportare trapianto e cure”, aggiunge ancora Dominique.
Davide e la sua mamma oggi sono tornati a vivere a Castelbuono e, seppure ancora deve sottoporsi a visite e controlli e non può ancora frequentare la scuola, può invece correre per la piazza del paese, cadere per terra e sorridere con gli altri bambini.
Sua madre, dal canto suo, oggi fa i conti con una quotidianità fatta di attese, “i medici di Monza non mi hanno detto che mio figlio è guarito, per poter affermare ciò occorre ancora molto tempo e molte analisi però devo essere grata a tutte le persone che in questi lunghi anni sono state vicino alla mia famiglia, a tutti i miei compaesani e a tutti coloro che so che hanno pregato per la guarigione di mio figlio”, sottolinea ancora Dominique aggiungendo, non senza un velo di commozione, “la malattia di mio figlio mi ha profondamente cambiata, mi ha reso più forte ma devo anche dire che anche la mia famiglia è stata stravolta, una malattia cambia molte cose; oggi vivo con la paura costante che mio figlio si possa riammalare”.
Tuttavia non ha scelto, fin da subito, di tenere nascosta la sua sofferenza e questo l’ha portata ad esternare il suo dramma anche nei social, con quella estrema delicatezza che le ha fatto ritornare indietro il sostegno e l’affetto di tante persone. Una forza in più l’ha cercata anche nella fede ma ancora oggi che le condizioni del suo piccolo sono migliorate stenta a ritrovarla: “Oggi sono una madre che ha fatto ciò che ogni madre avrebbe fatto per suo figlio ma questo non cancella la mia rabbia, non vi è una spiegazione logica per una malattia, soprattutto quando colpisce un bambino; forse fa parte tutto di un disegno, oggi amo pensare così”, sono queste le ultime parole con le quali Domique ci congeda.
Noi amiamo rammentarle, mentre chiama suo figlio che corre sudato e pieno di vita giocando assieme ad altri bambini che, forse, non si accorgono come noi adulti, di una mascherina alla bocca ed al naso che è costretto ad indossare. Questo ci porta a credere sempre di più che i bambini oggi siano la forza per tante madri come Dominique e siano ancora la speranza per il futuro di tutti noi.
Immagine copertina: foto di repertorio (dal web)